mercoledì 28 dicembre 2011

Vorrei lasciare una traccia...

Io credo, piccolo mio, che ognuno di noi abbia dentro di sé il dono per realizzare qualcosa di unico e meraviglioso. Credo che ognuno nella sua vita abbia dentro di sé la capacità di dar vita ad un capolavoro.
Il capolavoro per me è quella traccia di noi che vogliamo lasciare in questo mondo, la traccia per la quale speriamo di essere ricordati, qualcosa che non abbia tempo o che ne abbia più di noi.

Ognuno a suo modo ha realizzato o realizzerà il proprio in modo concreto o ideale: che sia un'opera, un dipinto, una canzone o magari una poesia oppure anche solo un'immagine positiva di sé, il ricordo degli altri nella propria comunità.

Sarebbe bello davvero se tutti avessimo le stesse possibilità di mostrare al mondo il nostro capolavoro.
Io spero che quando realizzerai il tuo, possa essere così per te.

Io il mio forse l'ho fatto già ed è bello perché non è solo mio ma condiviso ed ora sarà un dono per tutte le persone a cui voglio bene e sarebbe bello che un giorno fosse qualcosa di più o meglio che sia il motore per dare forza alla creatività di altri.
Il mio capolavoro è la storia di una vita che ho promesso di raccontare perché non venisse cancellata dal tempo: è la storia del tuo bisnonno, è il ritorno alle radici, una favola avventurosa che ci ha permesso di essere qui oggi a realizzare i nostri sogni.

martedì 27 dicembre 2011

Buon Natale!!!

Buon Natale piccolo mio...

Te lo scrivo ora, mentre dormi sereno.
E' stato un Natale dolce e meraviglioso pieno di bellissime sorprese e regali pieni di amore.
Tu ci hai regalato tanto: ogni momento in cui ci hai meravigliato con nuove parole, dolci domande e...ordini perentori che i tuoi nonni non possono che seguire alla lettera.

Tu ci hai fatto un dono unico: hai unito due famiglie, due percorsi, due storie perchè diventassero una sola.
Tu hai dato un senso nuovo al nostro Natale, ai giorni passati a pensare quanto sarebbe stato bello vederti fremere davanti ai regali..."api! api!!!"

In queste tre meravigliose giornate che abbiamo passato insieme hai dato così tanto a tutti, che non basterà un anno e un altro Natale a ripagare.

Grazie!!!

domenica 11 dicembre 2011

Guarda!

Devo ricaricare la fotocamera digitale da due giorni. Dopo un sacco di tempo che non la usavo, scavalcata per praticità dal telefono, in una sola serata la batteria è andata e noi siamo diventati oggetto di acrobatici scatti del nostro bambino.

È curioso e dolce vederlo a poco più di due anni con in mano la fotocamera ridere ad ogni scatto del flash dopo aver detto "...ecco!!".

Come saremo ai suoi occhi dietro l'obiettivo, intenti a decorare l'albero di natale?
Penso a quando lo completeremo con i regali, di più penso al regalo che lui ci da quando ci mostra la più pura ed inarrestabile creatività.

Che meraviglia. Noi non sappiamo più cosa sia prigionieri dei nostri schemi mentali, della nostra necessità di semplificare la realtà assordante che ci circonda. A Lui tutto questo ancora non serve e tutto ciò che vuole, anzi pretende, è un foglio e dei pastelli così mille linee curve diventano un mondo in cui tuffarsi, a cavallo di una moto con le ruote che girano a tutta velocità.

Lui ci insegna che ogni oggetto ha un uso nascosto, tra le sue mani appaiono cose che noi non riusciamo a vedere.
Un giorno mi indicava le foglie e quando gli ho chiesto che cosa facessero, lui mi ha detto "piangono" ed io sono rimasto a pensare al motivo per il quale potessero piangere, mi sono chiesto cosa sentisse Lui.

Ti vorrei con me piccolo mio, quando lavoro il legno: vorrei regalarti percorsi immaginari e costruire i tuoi disegni, dare materia alla tua fantasia.

Ora è così facile perché sei così piccolo ma io vorrei davvero che tu continuassi a seguire la tua creatività, ovunque ti porti.

Vorrei darti la possibilità di sperimentare, guardarti sognare e non darti confini.

Mi aiuterai a chiudere nel tuo mobiletto il mio istinto razionale?
Mi aiuterai a cercare le forme tra le nuvole?






martedì 6 dicembre 2011

Un tavolino tutto speciale

Questo è un tavolo ricco di significato e valore per me.
E' il tavolo che ha segnato un momento molto importante: il mio primo lavoro dopo il corso di falegnameria artistica! Dopo mesi passati sperando di avere finalmente uno spazio a disposizione che sembrava non liberarsi mai e ormai il morale cadeva sempre più in basso, finalmente la scorsa estate ho avuto questo immenso regalo.



E' difficile davvero spiegare come scorra il tempo mentre si fanno queste cose, difficile esprimere il valore del tempo impiegato anche solo per portare a termine un piccolo particolare: è meraviglioso davvero vedere qualcosa prendere forma dal proprio lavoro, prendere consapevolezza della propria creatività e percepirla slegata da qualsiasi logica o progetto vivendola come un semplice fluire.

Questo tavolo in queste settimane mi ha fatto un nuovo dono: mi ha riportato nel laboratorio di Bioforme, dove lo sto completando, tra gli amici, il profumo del legno, della colla e la polvere e tanto altro ancora!

giovedì 1 dicembre 2011

Mai dare un titolo a uno sfogo...

Oggi piccolo mio voglio parlarti di una cosa per me fondamentale e proprio per questo una cosa che non ha peso, prezzo, non ha forma ne materia.
Oggi voglio parlarti del merito.
Il merito è giustizia, non è un premio ma la semplice constatazione di una o più qualità di una persona, che può concretizzarsi in tanti modi.

Ma allora, se è così semplice, mi chiederai, a che serve parlarne?
In fondo è cosa ovvia, perché se una persona ha dei talenti non avrà fatica a metterli in mostra, tantomeno chi gli sta accanto non ne avrà a riconoscerli, a trovare il modo per renderli ancora più utile e se possibile a premiarli.

In tanti posti in questo mondo il merito è un dono, una cosa ricercata. In tanti posti, dove si da valore alla persona il merito è l'unità di misura per chi ha potere di fare delle scelte che riguardano il futuro delle persone.

Da queste parti di questi tempi il merito è qualcosa che invece fa paura.
Qui da noi fa paura dire a qualcuno "bravo!" oppure "ho deciso di premiarti per quello che hai fatto".
Qui da noi spesso è impensabile che ciò accada, perchè vi è una diffusa, triste convinzione che puoi far fare di meglio alle persone sono tenendole infelici.
La convinzione che ogni premio, ogni privilegio giustamente guadagnato diventino comodi guanciali nel letto della tranquilla sopravvivenza.

Qui da noi vi è una diffusa, triste convinzione che non si possa fare niente per passione ma solo per necessità.

Sei arrivato in un posto proprio strano piccolo mio...un posto che a raccontarlo sembrerebbe proprio una favola, perchè come tante favole anche qui regna l'assurdo ed il contraddittorio.
Questo è il posto in cui chi lotta per rimanere è costretto ad andare via e chi lotta per venire è spinto a tornare indietro e allora qui chi ci rimane?
E' il posto in cui c'è chi per trovare un lavoro è costretto a nascondere invece che a mostrare, perchè se non ti è permesso raggiungere ciò che sogni ti viene reso difficile anche poterti accontentare.

Se tu mi chiedessi oggi "allora tu cosa ci fai qui?" davvero ti giuro non saprei che cosa rispondere.
Fortuna che tu invece dormi e ancora non sai nulla di ciò che scrivo, che non ti accorgi del rumore dei tasti o di me che sto per venirti a guardare per avere un meraviglioso motivo per sorridere o per commuovermi un po'.

Oggi ti saprei dire solo "non lo so" perchè sono un po' stanco e triste di sentire cose assurde dagli altri: sento il racconto di un ragazzo nascosto nel bagno del posto dove lavora, piangere e pensare che dopo aver toccato il fondo più in basso proprio non si può andare e poi vedo accanto a me persone lavorare con dignità pur sapendo che saranno lasciate a casa nonostate i loro meriti, proprio quelli..., le loro qualità e il peggio è che di questi tempi ormai nessuno si indigna più e a chi lo vorrebbe è tolta la possibilità di farlo perchè costretto a lottare per la propria sicurezza, sempre più fragile e precaria.

Scrivo a te per dirti che se oggi dovessi lasciarti questo posto, se oggi fosse il tuo primo giorno in questa parte di mondo, ti direi di partire piccolo mio, di viaggiare per scoprire il mondo da te, di cercare la tua strada e di inseguire i tuoi sogni ovunque ti portino. Te lo direi straziato nel cuore, sebbene possa solo ipotizzare quanto insopportabile sarà la distanza.

Ma se tu volessi provare qui io potrei raccontarti di me e di quello che di buono ho scoperto tra mille cose storte. Potrei raccontarti di quante persone meravigliose ho incontrato nella mia strada e che con me ne hanno condiviso un pezzo chi più lungo o chi meno ma che in un modo o nell'altro hanno lasciato una traccia che non si cancellerà.
Ti direi di scoprire gli altri più che puoi, di farti raccontare la loro storia e raccontare la tua perchè ogni giorno che passa penso a quanto sia fondamentale avere un legame con le proprie radici per poterle condividere e di non dimenticarti mai di dire grazie per quel pezzo fatto insieme.

martedì 15 novembre 2011

Non prendere da me!!

Davanti alle porte scorrevoli chiuse del supermercato, un uomo agita il braccio come a voler salutare i parenti che partono per una crociera in realtà non è preda di strane allucinazioni ma ha una ben nota sindrome, individuata in un libro di Stefano Benni: quella del cliente invisibile!

Inutile dire che quell'uomo sono io...

Non so come l'ho presa, non so nemmeno se la ho dalla nascita o è arrivata ad un certo punto, come gli acciacchi dell'età o l'allergia all'ambrosia.

Ricordo le sere passate nei locali affollati, i miei amici a divertirsi ed io davanti al banco sperando che prima o poi l'acrobatico barman di turno guardasse proprio me, mi indicasse col dito come a dire "è il tuo momento uomo!". Anche nei bar a volte entro per colazione e riesco a farla mentre gli altri prendono il crodino...e quanti passi avanti e indietro davanti a quelle porte col sensore che mi si chiudono davanti e non si vogliono aprire, una danza infinita fino a quando non arriva qualcun altro ad aprire per me.
Quante volte al ristorante i camerieri corrono come se il tavolo da cui li chiamo fosse celato da una parete specchiata, isolato come un bunker progettato per la guerra fredda.

Piccolo mio cresci ancora un po' e poi ti potrò portare con me.
Ti insegnerò a chiedere caffè e brioches, imparerai nomi di vini da aperitivo e decanterai il menù ad uno sbalordito cameriere: però giurami che non prenderai da me!



Il profumo del legno

Vorrei continuare a raccontare la strada che quel giorno mi ha portato li. Tempo prima avevo conosciuto l'amore per il legno scoprendone la sua più particolare caratteristica: il legno suona ed ogni essenza ha il suo suono, persino pezzi diversi di una stessa essenza possono avere un suono diverso.
Sognavo di fare il liutaio.
Sognavo meravigliose chitarre elettriche di colori ammalianti, fatte di legni esotici e con venature particolari come le forme del fumo di una candela appena spenta.
Mi sono scontrato con la realtà o meglio, ne ho scoperto le differenze dal sogno ed ho dovuto accettare di non avere il tempo ed i mezzi per raggiungere quell'obiettivo ma è stata una tappa senza la quale non sarei mai arrivato davanti a quella porta di ferro, quello strano pomeriggio e varcandola ho scoperto che il legno profuma. La vernice delle chitarre mi aveva privato di questa scoperta.






Poi è arrivato il momento di conoscere il mio maestro... Come mi fa specie chiamarlo così...del resto non si può rinchiudere in una rigida definizione chi è variegato per natura.
Lo ricordo bene quel primo giorno, mentre perfezionavo la mia iscrizione e lui veniva e mi faceva una domanda su di me per poi fuggire via e ritornare dopo un po' con una nuova.
Dopo di allora abbiamo fatto un pezzo di strada piena di momenti di crescita, confronto, momenti di sana e creativa stupidità. Negli innumerevoli incastri di tempo tra il lavoro e la vita ho realizzato che non ne avrò abbastanza per scoprire tutto quello che lui ha imparato, ne per rubargli ricordi di una vita che invece dovrebbe essere raccontata.






domenica 13 novembre 2011

E intanto lui cresce...

Un mese e mezzo di vera e propria apnea. Un mese e mezzo passato correndo tra imprevisti belli e brutti che si incastrano o si scontrano, cercando di trovare un equilibrio temporaneamente stabile e confortante. Corre tutto e corre anche lui intorno al tavolo ed ogni giro è qualcosa in più: c'è una nuova parola, un nuovo scherzo, un nuovo gioco riservato alla mamma o al papà.
E mentre Lui lotta contro le parole di tre sillabe e le trasforma in due, che impara i nomi delle dita della mano, che dice no con la testa e si con la voce, che balla con gli Stones con la mamma e coi Beatles con papà attorno succedono cose strane e un po' pazze in un mondo che gira alla rovescia e che purtroppo non riusciamo a costruire come vorremmo perché siamo costretti a non rinunciare a nulla. Non possiamo costruire un mondo che non conosca la parola precarietà mentre speriamo di poter continuare a fare qualcosa che in fondo non ci piace ma non per questo possiamo perdere la speranza di poterla cominciare un giorno questa battaglia. Possiamo intanto imparare da Lui a sognare ad occhi aperti, immaginare un mondo favoloso da un disegno a pastelli e volarci dentro con un aereo di plastica colorata.




In ogni ballo abbracciati noi tre, ogni percorso alternato di baci, per ogni mano che va sopra quelle degli altri Lui continua a crescere e ad insegnarci qualcosa.

venerdì 7 ottobre 2011

Ma come ti vesto?

Pensavo che per quel giorno avremmo dovuto aspettare un bel po' e invece proprio quel sabato di matrimonio, dove saremmo andati solo io ed il piccolo è iniziata la rivoluzione...

Tutto è partito da uno splendido completo, selezionato accuratamente da Lei...pantaloni verde militare e polo a manica lunga, stesso colore ma con fantasia.
Bellissimi da vedere e già immaginavamo quanto sarebbe stato bello vestirlo così.

Arrivato il momento dei preparativi, al primo tentativo di inserimento della maglietta, partono le prime proteste...Lui si oppone, fa resistenza alla meravigliosa polo, quando faccio passare la testa si sfila una manica e poi dopo mille tentativi scoppia il pianto disperato...

Litri di lacrime incomprensibili...ma no basta piccolo non piangere, ma perchè non ti vuoi vestire così??
Mille versi ed una sfida all'ultimo passo di danza per evitare che si pulisca il nasino sulla spalla della mia camicia (...pure quello!) e alla fine due timide parole sbucano finalmente fuori..."no piace..."

NO PIACE? Come no piace? Siamo a questo? Hai due anni e un mese e siamo già a questo? E soprattutto adesso come ti vesto??? Ovviamente quando tua madre non c'è vero?

Allora parte la più grande contrattazione dopo quelle sindacali degli anni 70/80...
Questa? NOOOO!!! VIA!!!! VIA!!!!
E questa? Dai! Una bella camicina bianca da abbinare ad un jeans...

NOOO!!! BUUUU!!! NO PIACE!!! VIA!!!!

Senti, questo è il cassetto...scegli tu allora...

Un attimo di silenzio. Poi lo sguardo si illumina. "Beeeeeello".
Ma proprio questa maglietta? "Beeelllo"

Ok ok. E i pantaloni?

"I gink..."

Ok.

Ed eccoci li...poco prima di uscire. Io ancora terrorizzato e lui beffardo che gira intorno al tavolo in punta di piedi ed ogni tanto si ferma, guarda la manica della sua maglietta, mi guarda e dice "è beeeeello!"

Grrrrrr...

sabato 17 settembre 2011

Chiamami ancora!

E' un momento di tranquillità. Ora mi metto comodo comodo a leggere le mie mail, magari scrivo qualcosa sul blog o leggo il mio forum preferito.
Proprio mentre comincio a fare qualcosa, da lontano, piiiccola piiiccola, si fa strada tra le stanze.

"papii..."

"Siiii???" dico io.

"Papiii"
"Piccolo papà sta facendo una cosa importante, aspetta un attimo!"
...
...
"Papiiii"
"Piccolo vieni qua!"
...
...
"Papiiiii...papiiiii...papiiiii..."


"Papiiiii...papiiiiii...papiiiiiii...papiiiiiiiì!...."

Ok arrivo.

"Si!...Cosa c'è amore?"

Seduto in mezzo a mille lego, una pista con una macchina a pile che continua a spingersi contro un mobile. Guarda per terra accanto a sè. Due colpi col palmo della mano...

"Quuà!"




Non sai quanto te lo farei ripetere ancora e ancora. Lei mi dice che ormai sono il tuo bambolotto, ma io non posso resistere a quella voce, non posso resistere alle tue richieste, a quando mi chiedi di tenerti abbracciato e a quando per fare il timido con gli altri ti nascondi tra le mie gambe o in braccio contro la mia spalla.

Mi stringi forte, guardi indietro le altre persone e gridi "èmmio!!"...Certo che è tuo papà tesoro!

giovedì 15 settembre 2011

Tutto è iniziato così...

Rivedo me stesso disorientato ma curioso quel giorno in cui mi trovavo in una sconosciuta via di Milano, una via ad un passo da tante altre che mi erano note ma che non avevo mai notato, lo giuro, come se appartenesse ad un altro mondo. Vicino c'è una chiesa con dietro dei giardini ed un chiostro che da una positiva sensazione di pace e intorno, come in un una mostra di pezzi rari ci sono alcune botteghe.

C'è il tipografo, che a richiesta stampa ancora con macchine tradizionali ed accanto un negozio che vende monili artigianali e pezzi d'arte contemporanea come quadri o piccole sculture.
Resto affascinato da tutto ciò ma disorientato dal non trovare quello che sto cercando io.
Devo confessare di aver fatto avanti e indietro qualche volta prima di pensare di non cercare tra le vetrine ma tra le targhe di un citofono. "ma come fa - mi chiedo io - un laboratorio di falegnameria a stare dentro un palazzo? Minimo vorranno birrario fuori o linciarli ogni volta che se li trovano davanti!".

Eppure era davvero li, nascosto tra nomi, numeri e targhette quello che cercavo io.
Suono e dopo una breve presentazione mi trovo davanti a lui, Giovanni o in arte Nino Nardi, in gigante dagli occhi di ghiaccio e dall'espressione impenetrabile.
Posso dirtelo ora, amico mio, che quel giorno a seguirti nello scantinato provavo un velo di preoccupazione..."ma dove mi porta?" pensavo io poco prima che quella porta metallica si aprisse e mi trovassi davanti ad un'altra realtà.

Era come aver vinto un giro nella fabbrica di cioccolato di Willie Wonka, accedere in un antro in cui strane dimensioni e spazi incalcolabili ad occhio di aprivano dietro l'angolo, sfruttando l'altezza e gli antri per creare tre zone distinte. Quello strano posto nei mesi successivi è stato uno spazio di gioia, apprendimento, meditazione, scambio, condivisione e crescita.

sabato 10 settembre 2011

Cra cra cra

C'è qualcosa che scatta dentro di te quando scopri di aspettare un figlio, non so se sia in qualche modo legata all'idea di essere padre o dipenda semplicemente dal carattere di una persona ma presto si fa viva in te una domanda: cosa vuoi che tuo figlio veda di te quando saprà valutarti come persona?
E' una domanda che ha davvero un bel peso, soprattutto quando rispondi in un certo modo alla domanda....cosa hai fatto fino ad oggi?

Com'ero? Quali obiettivi o quali sogni inseguivo tre anni fa me lo ricordo più o meno...Se dovessi presentarla in modo diplomatico potrei metterla così: avevo preso una decisione, sicuramente importante, di cercare la mia strada in un settore molto difficile come quello del sociale, difficile soprattutto considerando che i miei studi non mi permettevano di presentarmi per le più classiche posizioni di educatore o psicologo...Nonostante ciò avevo fatto delle belle cose, avevo partecipato a qualche progetto ed erano state esperienze bellissime ma tutte purtroppo contrassegnate dalla triste caratteristica di essere a breve termine!

Se dovessi essere obiettivo potrei dire piuttosto che in quel periodo ero davvero fermo in un limbo in cui inseguivo un sogno, o forse aspettavo che questo sogno mi cascasse tra le braccia e nel mentre non facevo nulla che mi permettesse di essere un adulto indipendente in via definitiva.

Poi, un giorno all'improvviso scopro che diventerò padre e qui le prospettive devono decisamente cambiare.

Cosa fai se sei laureato in Sociologia (mi piace così tanto che la scrivo sempre con la maiuscola!) ad indirizzo organizzativo, economico e del lavoro e a ventinove anni le uniche esperienze che hai avuto in azienda sono nel customer care? Cosa fai se nel settore in cui speri di lavorare inizia la crisi più nera in cui accedere a bandi e finanziamenti diventa sempre più difficile? Beh...ti butti, no? Così rientri nel giro del lavoro e scopri che i contratti si sono accorciati e ti propongono tre mesi, uno, per questo due settimane...e uno cerca di prendere quello che può finchè un giorno arriva un contratto più lungo, trenta mesi in questo periodo sono davvero tanti e meno male e quindi il sociologo che fa se non continuare a lavorare nel customer care o servizio clienti o quello che risponde al telefono insomma, come volete voi, e per un po' rimette i sogni nel cassetto fino a quando arriva quel momento, proprio quello di cui parlavo all'inizio ed è il momento in cui stabilisco che non voglio che mio figlio un giorno pensi di me che abbia rinunciato del tutto alle mie passioni ma che abbia un modello diverso, un esempio che gli dica che nonostante tutto, nonostante si possano fare scelte e scelte sbagliate, nonostante quello che le necessità ci impongono possiamo comunque trovare una strada, che se non è unica almeno è parallela, che abbia come destinazione la realizzazione di sè.

Io quella strada la sto cercando ancora anche se la sento comunque più vicina da quando ho scoperto che a volte ci si può dimenticare di se stessi e delle etichette che ci portiamo dietro da una vita e così un giorno, anzi una notte, ho pensato di non dover essere per forza quello che ha passato anni ed anni sui libri e che non era capace quasi nemmeno di girare una vite, una notte ho pensato di aver bisogno di fare, di costruire, di avere un risultato concreto tra le mie mani che non fosse un voto, una nozione ma che avesse tre solide dimensioni.
Da solo però non ce l'avrei mai fatta da solo ma che avrei dovuto chiedere aiuto.

Quella notte spinto da non so cosa, magari passate delusioni di sogni di diventare musicista e liutaio, ho scritto su Google le parole "falegnameria artistica" e così quella notte ho scoperto un piccolo tesoro: mi sono dato un primo obiettivo da raggiungere...avere i soldi per fare un bel corso. Poi mi sono dato il secondo...iniziare!
Ed è andata proprio che ho iniziato ed ho scoperto un lato di me che non pensavo minimamente potesse esistere ed ho scoperto di poter essere fiero di me come non lo sono mai stato per qualcosa che ho fatto.

Piccolo mio, oggi ancora tu non puoi leggere quello che ti scrivo però davvero io un'altra strada sto provando a costruirmela, pezzo dopo pezzo proprio come quel piccolo mobile che oggi ti fa da libreria. Oggi seguo ancora i sogni del passato ma ne ho agggiunto uno e chi lo sa che un giorno possano mischiarsi tra loro e darne vita ad un altro.


Intanto io mi impegno e cerco di inventarmi nuovi progetti per poter diventare davvero bravo e poter un giorno insegnare ad altri quello che oggi sto imparando.
La mia principessa mi dice che entro i 40 anni sarò un uomo pienamente realizzato: io lo spero ma oggi mi sento ancora un po' un rospo ed allora le chiedo un bacio ogni giorno, un bacio al rospo...con la raspa: è un bel gioco di parole che mi gira in testa da un bel po' così qua dentro nascerà una parte in cui avrò un diario del mio percorso e che chiamerò proprio così.

sabato 3 settembre 2011

Solo un piccolo regalo!!!

Noi lo sappiamo già tutti che non bisogna mai esagerare nelle cose. Sappiamo che un gesto ripetuto troppe volte perde di valore e che, quindi, bisogna stare ben attenti...

Vedi, piccolo mio, papà però da circa 5 minuti ha compiuto gli anni: sarà una bellissima giornata che potremo passare tutti insieme ed il compleanno per me è un giorno speciale perchè è l'unico giorno dell'anno in cui non penso agli anni che passano. Ma negli altri 364 chi mi consola se non tu?




E' già qualche mese che ho ricevuto il dono che desideravo di più: hai imparato a baciare ed ogni volta che lo fai è come se il mondo tutto intorno si fermasse per la tanta dolcezza che metti. Oggi però papà ti chiede di non pensare a quella rigida regola che ti sei imposto di darci al massimo un bacio al giorno...domani dammene due!

martedì 30 agosto 2011

Tanti auguri!!!!

Buon compleanno piccolo mio!

Oggi fai due anni e papà non sa che dirti quanta gioia, quanta meraviglia hai portato nelle nostre vite.
Papà ha una foto: era il giorno del suo secondo compleanno ed è davanti ad una splendida torta con accanto suo nonno...
Era un uomo meraviglioso, sai e papà ti promette che ti racconterà di lui e della sua incredibile vita ma per ora papà vuole parlarti del rapporto che hai con i tuoi di nonni.

I tuoi nonni materni da quanto ci sei tu sono semplicemente rinati: la loro vita si è riempita di una gioia inaspettata.
La nonna stravede per te e a volte pur di starti dietro fa cose che la sua salute non le permetterebbe e anche se noi la vediamo a volte un po' stanca, niente davvero le impedirebbe di prendersi cura di te perchè niente per lei è più importante.
Il nonno è un gran giocherellone. Ti riempie di scherzi e a volte tu ti arrabbi un bel po' ma lui muore dalla voglia di passare del tempo con te, di parlarti e difatti è da un bel pezzo ormai che sognava di sentirti parlare e così ci chiedeva preoccupato "ma questo bambino come mai non parla?".

I tuoi nonni paterni di certo li vedi un po' meno ma nonostante questo tu lo hai capito fin da subito chi erano e da sempre hai regalato loro gli stessi sorrisi, la stessa gioia che hai dato agli altri nonni.
Tante volte siamo rimasti stupiti di quanto possa essere così profondo il tuo legame con loro nonostante il poco tempo che avete passato insieme.
La nonna quando ti vede è un vulcano in eruzione ed ogni volta la vediamo sempre più coinvolta ed entusiasta del tempo che passate insieme, ma la vera sorpresa è tuo nonno.
Lui è un burbero per definizione ma con te si scioglie, ride e si fa prendere da mille ansie ogni volta che ti vede fare qualcosa di spericolato (per lui spericolato vuol dire anche mangiare un pezzo di pane!). Non posso spiegarti quanto sia divertente vedergli fare la faccia del pesce per farti ridere!




Tuo nonno poi a nostra insaputa ha organizzato la tua festa di compleanno riempiendo la sala di stelle, festoni e palloncini!

I tuoi quattro nonni, piccolo mio, sono un dono meraviglioso che la vita ti ha fatto! Tu hai riempito la vita di tutti noi, così piccolo hai fatto dei veri e propri miracoli, tu hai dato vita ad una meravigliosa famiglia.

domenica 28 agosto 2011

Parole, parole...

Sta per finire questa meravigliosa settimana di ferie che mi ha riempito di gioia come non mai e non c'è momento migliore della notte fonda per fermarsi a pensare a tutte le cose che vorrei trovare il tempo di scrivere, prima o poi, su queste pagine...

Non posso che iniziare da qualcosa di meraviglioso: dopo una lunga attesa, magiche previsioni e patemi vari dei nonni finalmente è arrivato il momento tanto atteso...il piccolo si è aperto al meraviglioso mondo delle parole!!! Tutto ad un tratto sono apparse, prima piano piano, partendo da quelle sillabe che conoscevamo già, poi nei giorni sono aumentate sempre di più!

Comunicare con le parole è un gioco meraviglioso: spesso le parole non sono proprio quelle che ti aspetti e allora proviamo insieme a trovare la soluzione.
Ci sono le parole che c'entrano ben poco...c'è "babba" che non è una la versione femminile del babbo o una pappa per raffreddati ma per vicinanza un giorno scopri che è proprio l'acqua. La conferma ed il premio per l'azzeccata intuizione è quella piccola risata che ci dice quanto sia bello finalmente essere capiti.

Poi ci sono le parole al rovescio come il "patto" che serve a chiudere il barattolo o la "banga", si proprio quella che finisce con il piede. Abbiamo le parole contratte come "pino" il pannolino o l'aereo "io".

Oggi "guarda!" mentre l'indice punta qualche cosa sta prendendo il posto del dolce "vevè!!!".

Il gioco del comunicare è fatto di interrogazioni incrociate. Noi siamo interrogati a tappeto su libri e disegni: uno dopo l'altro, a ripetizione per verificare la verità delle nostre parole. Lui è interrogato sulle foto...

Che bello sentirti storpiare il tuo nome, che bello vederti riconoscere la nonna, il nonno, il parco ma niente è più bello sentire come la voce diventa più dolce quando dici "mamma" e "papà"!!!





venerdì 12 agosto 2011

Tutto su mio padre

Mi ricordo bene davvero, è il mio primo ricordo che ho di noi,
Eravamo dal nonno, tu eri venuto per me, per salutarmi prima di andare a lavorare di notte. Dal nonno c'era sempre un piatto in più e quella sera c'era spezzatino. Ricordo la gioia di essere seduto sulle tue gambe, ricordo le risate del nonno e della zia nel vedere la tua cena finire più nella mia pancia che nella tua...

Lo tengo stretto nel mio cuore il mio primo giorno di scuola elementare: ricordo la sensazione di stupore, quasi disorientante, di avere accanto te e non mia madre quel giorno. Ma tu sei riuscito ad essere meraviglioso, amorevole come mai avrei potuto immaginare. Ricordo il modo in cui mi portavi lo zaino, ricordo che siamo entrati in classe insieme e tu sei stato con me finché hai potuto.
Non hai dovuto aspettare che parlassi, quando mi hai detto "stai tranquillo" prima di dover uscire dall'aula.


Ma tu sei sempre stato un osso duro, abituato come sei a non parlare ma a fare, a dare più che puoi. Sei sempre stato un osso duro perché chiuso nel tuo non saper comunicare se non coi fatti ma mai con le parole che hai fatto diventare la cosa che più ho desiderato da te e contro cui abbiamo costruito i nostri scontri e le nostre più grandi distanze.

Anche se continuiamo a scontrarci, anche se ci vedremo sempre su due poli opposti di questo mondo, posso dire di vederti ora vicino più a quello che sei che all'immagine che di te ho costruito. Ci sto riuscendo grazie a quelle piccole crepe in cui permetti a chi vuole davvero capirei di vedere le tue emozioni.

L'ho visto il giorno della mia laurea quando sei venuto a baciarmi, ho visto i tuoi occhi lucidi nascosti dal tuo sguardo verso il basso.

Lo vedo dall'apprensione assurda con cui segui tuo nipote mentre corre, si arrampica e fa di tutto per sentirti ancora urlare e lamentarti e dai sorrisi che facevi l'altra sera mentre ti si lanciava addosso.

Lo vedo dalla premura con cui ti occupi della tomba del nonno, dalla difficoltà che hai nel dire il suo nome.

Io vorrei solo dirti che io conservo tutte queste immagini di te. Che conservo quei piccoli spazi di condivisione che tu hai voluto regalarmi come le volte che ho passato a guardarti fare la barba, come quel giorno in cui ci siamo fatti quelle foto insieme in mezzo alle tue tante coppe e altri ancora...

Io vorrei dirti che lo scorso mese quando abbiamo passato un'intera mattinata insieme, guidavo come un matto perché ero così felice che fossimo io e te che non trovavo il modo di esprimerlo e che per un attimo ho pensato a tutte le volte che tu e il nonno siete stati in giro insieme e mi sono augurato che anche noi potremo avere e costruire la possibilità di fare lo stesso.


martedì 2 agosto 2011

Eredità musicali...

Poche mattine fa sono riuscito ad ascoltare una canzone che non avevo più la forza di sentire da quando è arrivata la notizia della scomparsa di Clarence Clemons, sax tenore della E Street Band di Bruce Springsteen.
In macchina con il volume al massimo ho sentito Jungleland: uno dei brani che più mi ha toccato musicalmente ed in cui il solo sentire l'assolo di sax mi ha portato ad un passo dalla sconsiderata decisione di acquistarne uno e provare ad imparare a farlo da me!
Complice una mail ricevuta piena di riflessioni su un ciclo musicale, ma anche di una fase storica del mondo della musica, che piano piano si sta chiudendo ho iniziato a farmi tante domande su come mio figlio vivrà il rapporto con la musica.

Che lui la adori al momento è assodato. Da tempo ormai chiede con gran segni che la radio resti accesa. E' felice se la mattina si sveglia con la musica e vorrebbe sempre avere un buon ritmo su cui ballare...
Mi chiedo cosa penserà della musica che noi ascoltiamo.

I miei genitori non sono mai stati dei grandi appassionati di musica: qualche cassetta si, ma principalmente la mia educazione musicale dell'infanzia si ferma alle canzoni che mi cantava mia madre e, nella fattispecie, un repertorio misto di canzoni italiane degli anni 50, 60 e 70!
Ad oggi credo di essere uno dei pochi della mia età in grado di riconoscere una buona parte del palinsesto di Radio Italia Anni 60, cosa di cui non vado particolarmente fiero e che mi fa sentire parecchio discriminato davanti a chi è cresciuto con un panorama musicale più ampio del mio che di internazionale aveva solo le canzoni (in italiano!) di Julio Iglesias...

Il mio primo contatto con la musica internazionale è stato in terza media quando ho scoperto i Queen ed ho costretto l'intera famiglia (nonna compresa) ad un passaggio epocale: quello del lettore cd!!!
Recuperare gli anni persi di musica mai ascoltata è un'impresa che non potrò mai portare a termine e sono sempre stato dell'idea che a mio figlio non sarebbe mai mancata la possibilità di ascoltare ore e ore e ore di musica di ogni genere. Il rock, il raggae, lo ska, o qualsiasi altro genere tanto oggi la tecnologia ci permette di avere accesso a qualsiasi cosa in un attimo, avere intere discografie, rarità ed inediti anche se poi finisce che non li ascolteremo mai tutti.

Basta! In casa si ascolta quello che dico io!
Quindi, in definitiva, sto replicando la parte dei miei ampliandone solo un po' i confini...Ecco quindi alcune previsioni su come potrebbero andare le cose...

Appena arriverà l'età dell'asilo, appena inizieranno le feste, le giostre e così via Beatles, Queen, Ben Harper, Rolling Stones, Pearl Jam, Nirvana....tutto insomma, potrà essere spazzato via dalle canzoni tipo Le Tagliatelle di Nonna Pina e noi dovremo nuovamente rifugiarci per riassaporare i vecchi classici.

Poi la situazione tornerà nuovamente a nostro favore ma solo per un po' ossia quando avverrà il momento del distacco: il momento in cui lui scoprirà un percorso musicale tutto suo ed allora, a seconda delle amicizie più influenti, potrebbero capitarci alla peggio una o più delle seguenti fasi:

- la fase metal
- la fase rap
- la fase disco

In previsione di uno qualsiasi di questi casi, stiamo già risparmiando per l'insonorizzazione della sua futura camera e per i cambi di guardaroba.



Alla fine però quando in radio passano per sbaglio qualche pezzo della Cinquetti ed io, vergognosamente, so il testo meglio di quanto potrebbe ricordarselo lei, non posso fare a meno di stargli dietro e quindi penso che potrà succedere anche a lui (con qualche pezzo migliore ovviamente!) ed avrà il suo bagaglio di ricordi su cui scherzarci, ridere o coccolarcisi un po'.

martedì 26 luglio 2011

Il corpo lo sa

Sono sempre stato convinto che esiste una profonda differenza tra il legame che un bambino costruisce con la madre e con il padre. Certo, non ci vuole un genio a rendersene conto perchè il loro è un dialogo che comincia da dentro la pancia fatto di momenti esclusivi ed è qualcosa di talmente unico e meraviglioso da darti gioia anche solo nell'esserne uno spettatore privilegiato.

Ma un padre, soprattutto nei primi mesi di vita di un bambino, si domanda: "e tu come lo sai che sono tuo papà?". Insomma è la mamma che ti ha nutrito, che ti ha protetto, ti ha parlato e ha condiviso con te le sue emozioni 24 ore su 24. E certi momenti esclusivi ci sono stati anche dopo che sei nato...
Allora mi sono costruito una gelosia tutta mia: è una gelosia profondamente selettiva, che ogni tanto si infiamma quando il mio bambino gioca e si diverte con qualcun altro, di sesso maschile, che non sia io.
Si, lo ammetto: a volte sono geloso marcio e sono coscente di quanto sia stupido ma lo sono davvero! Lo sono perchè ho bisogno di sentire di essere diverso da tutti gli altri, di avere come uno spazio di esclusività non fisico o temporale ma semplicemente nel suo cuore.

Ma poi accadono quelle cose, come quando dopo il primo spavento è corso a cercare proprio le mie di gambe a cui aggrapparsi, o quando Lei mi dice quanto sia diverso quando a colazione ci sono anch'io...ci sono tutti i "papà!!!" detti in quel modo straordinario, le volte in cui vuole solo me per essere cambiato o quando piange appena vado via.




Questo e tanto altro che mi regala una gioia immensa e che mi fa convincere del fatto che c'è un legame diverso, forte, unico...Penso allora che la sua mano sinistra lo sappia che il primo dito che ha stretto era il mio, che alle sue orecchie sia rassicurante la mia voce, che il suo corpo senta speciale il mio abbraccio e che ricordi il battito del mio cuore. Penso insomma a quante cose Lui riesca a dirmi anche ora che non sa parlare.

mercoledì 20 luglio 2011

All my loving

Ho ancora chiara nella mente quella notte: erano solo due giorni che eri nato ed eravamo nella nursery dell'ospedale.
Ricordo quei momenti in cui ti tenevo in braccio mentre bevevi il latte di tua madre dal biberon ed eri così piccolo che non ci si poteva credere. Erano solo due giorni ed io già immaginavo di dirti tante cose, immaginavo esattamente come avrei voluto dirtele ed ora voglio fissarle in questo spazio prima che la frenesia della vita non mi permetta di dirtele come mi ero immaginato.



Io pensavo allora che avrei dovuto cominciare da subito a raccontare, ma mi era difficile perchè non sapevo se avresti capito quello che avevo da dirti. Volevo raccontarti di noi e di come tu fossi arrivato così all'improvviso nella nostra vita.  

Sai non ti aspettavamo certo, o almeno non in quel momento, ma ci hai aiutati a crescere, a diventare ciò che siamo e che diventiamo ogni giorno che passa. 
Non ti aspettavamo però a ripensarci sappiamo esattamente quando è iniziato tutto ed è stato nei giorni intorno al Natale del 2008. Quell'anno avevo deciso di fare qualcosa di speciale per festeggiare il Natale e l'anniversario ed avevo organizzato un cena e tanti regali che simboleggiavano momenti importanti del nostro rapporto. Fu così bello che Lei mi chiese se alla fine di tutto le avrei chiesto di sposarla...beh non fu così però ora noi sappiamo che quella notte è successo qualcosa di ancora più importante anche se l'avremmo saputo solo tempo dopo...


Era una mattina decisamente fredda ed io ero in macchina e andavo a lavoro. Quella mattina mi ero alzato presto e non eravamo riusciti a scoprire insieme che in America qualcosa era cambiato: Obama aveva vinto le elezioni. Ricordo che ci siamo sentiti per telefono e Lei stava male e pensavamo fosse solo un'influenza che durava da un po' ormai. La sera di quel giorno anche da noi qualcosa è cambiato: abbiamo scoperto che c'eri anche tu. Una coincidenza incredibile vero?


Quella notte nella nursery nella mia testa c'era un flusso interminabile di ricordi che mi scorreva nella mente, c'erano quei mille attimi dei mesi passati nella tua attesa in cui ho immaginato.

Sai all'inizio noi sentivamo che saresti stata una femmina. Ne eravamo davvero convinti e ti saresti chiamata Eva Luna. Ho immaginato me stesso cantarti canzoni con la chitarra: avrei imparato si a suonare e cantare senza fare troppi disastri, del resto c'era ancora del tempo per farlo.
Ti ho immaginata crescere, ti ho vista andare via per il mondo e ho sofferto al pensiero che un giorno avresti smesso di passare del tempo con tuo padre e già ne sentivo il dolore.
Ci siamo sentiti un po' stupidi quando ci hanno detto che, invece, eri un maschio! Ti ho visto quel giorno nell'ecografia era indescrivibile guardare dentro quella pancia. Ci è voluto un succo di frutta ed una passeggiata extra sulle scale ma alla fine hai deciso di guardare verso di noi.
Ero in apprensione: volevo solo sapere che eri sano e non ho mai desiderato niente di più nella mia vita. E' stato bello scoprire che eri un maschio perchè abbiamo potuto azzerare l'immaginazione e ricominciare da capo. Poi in contemporanea tua mamma ha ricominciato a sentirsi meglio ed è fiorita. Non vedrai tante foto di allora perchè non ne voleva ma posso assicurarti che era meravigliosa.


Così dopo aver bevuto il latte era il momento della nanna. Non sarei potuto stare ancora molto prima di tornare a casa.

Poco tempo prima che tu nascessi non facevo che ascoltare i Beatles. Mi ero fatto un cd di canzoni che a qualsiasi altra persona avrebbero probabilmente comunicato tristezza o malinconia ma per me era diverso. Io mi lasciavo cullare dalle quelle melodie e così era più facile estraniarsi da tutto il resto e pensare a te, che saresti arrivato da un giorno all'altro, di certo dandoci poco preavviso.




Quella notte nella nursery per la prima volta ti ho cantatato All my loving e poi l'ho fatto tante altre volte nei mesi successivi mentre camminavamo per casa per farti addormentare. 
Oggi che ci siamo divertiti, come tante altre volte, a ballare ascoltando Sergent Pepper ho pensato se in futuro sentendo quella melodia, potrai inconsciamente sentire il calore di quei momenti. 

martedì 19 luglio 2011

Frammenti di un ricordo

Era una sera di inverno, una di quelle in cui l'appuntamento fisso era la sala prove. Ricordo quei giorni di forte apprensione in cui mi sentivo incapace di dare un ordine alle cose da fare ed era un macello totale. C'erano cose per cui non potevo fare nulla se non aspettare come, e soprattutto, cercare un lavoro che mi rimbalzavano continuamente in testa e cose invece che potevo risolvere in un attimo ma che mi sentivo incapace a gestire come trovare un buon modo per dire a tutti "aspettiamo un bambino".

Comunque quella sera eravamo li per suonare, come al solito, i nostri 5 pezzi. Eravamo li per sbagliarli come sempre come se non li avessimo mai suonati.
Così siamo arrivati tutti in sala, alla spicciolata e con scarsa o nulla puntualità. Caffè, sigaretta, poi si entra. Accordiamo gli strumenti. La batteria è da spostare totalmente.

Beffardo. Con lo sguardo di chi sa qualcosa che vi lascerà senza parole, mi metto davanti al microfono e dico "Ragazzi...devo dare un annuncio...".
Parte la lotteria delle domande: una peggio dell'altra...alla fine qualcuno si lancia in un "vi sposate!". Vabbè. Lasciamo perdere ve lo dico io. "Aspettiamo un bambino".

Un attimo di silenzio. Qualche sorriso. E poi ci abbracciamo. Mille domande.
E ora? Riprendiamo a suonare. Ma come si fa? Due accordi tanto per capire che non c'è modo di coordinarsi.
Ci guardiamo con complicità: è già ora di fare una pausa altrimenti nessuno si riprenderà dalla notizia.

Altro caffè?

Agli amici che hanno condiviso quel momento: siete state le prime persone a saperlo perchè non sarei stato mai in grado di trovare un altro punto di inizio e così mi è sembrato bello ricordarlo in questa nuova partenza.


domenica 17 luglio 2011

Il mio primo post!

Che emozione scrivere le prime parole di un blog!
Ancora prima di fare un giro di presentazioni, però, desidero spendere poche parole per dare le ragioni di questo spazio...

Sono diventato padre da quasi due anni ormai, che poi contando quei nove dentro la pancia sarebbero esattamente 30 mesi circa, e con il passare del tempo ho cominciato a sentire crescere in me l'esigenza di tirar fuori riflessioni, immagini, frammenti di emozioni che hanno attraversato ed attraversano il mio percorso di padre.
Ho scelto il blog perchè prima di tutto volevo un mezzo che mi permettesse di dare concretezza a questo mio bisogno e poi perchè penso che potrebbe in futuro diventare un luogo di confronto e condivisione, il che sarebbe davvero fantastico.


Questo blog si chiama Padrefiglio non solo perchè non è possibile inserire spazi nella url, ma perchè se è vero che sono padre da 30 mesi è anche vero che sono figlio da quasi 32 anni e queste due condizioni non possano esistere separatamente, anzi, penso e spero che ognuna influenzi e si arricchisca delle esperienze dell'altra.

Buon proseguimento!